I Centri Diurni Alzheimer non sono semplici strutture di parcheggio per anziani con demenza gravi e inguaribili, ma hanno un preciso obiettivo sanitario: quello di offrire ai pazienti più complessi un servizio di elevata qualità, che alleggerisca i Pronto Soccorso e i reparti ospedalieri dove i disturbi della malattia non trovano risposte adeguate, spesso per di più aggravandosi.
Ecco la sostanza delle nuove Linee Guida pubblicate oggi dai massimi specialisti italiani, geriatri, psichiatri, professionisti sanitari, riuniti in questi giorni a Pistoia per il 6° Convegno nazionale sui Centri Diurni Alzheimer promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio Pistoia e Pescia.
Firmato da una commissione di 20 membri coordinata dal professor Giulio Masotti, presidente onorario della Società italiana di Geriatria e Gerontologia, Carlo Adriano Biagini, primario geriatra a Pistoia, Alberto Cester, direttore del Dipartimento di Geriatria di Dolo, ed Enrico Mossello dell’Università di Firenze, il documento aggiorna le linee del 2013 arricchendole dei nuovi studi oggi disponibili, nel tentativo di dare risposte più efficaci alle esigenze dei pazienti e dei loro familiari, nonché ai limiti imposti da un sistema sanitario in crescenti difficoltà.
Per prima cosa le Linee Guida identificano chiaramente gli utenti del servizio, ossia le persone con demenza e con significativi disturbi del comportamento (aggressività, idee deliranti, tendenza alle fughe). E’ la fase più difficoltosa della malattia, in cui i farmaci spesso non bastano e il supporto familiare, anche il più attento, diventa insufficiente. Si disegna quindi un servizio a elevata intensità assistenziale, che affianchi la famiglia nei mesi in cui i sintomi si fanno più gravi e fornisca i trattamenti in grado di limitarli.
Il documento presenta inoltre una revisione dei dati più recenti, che suggeriscono gli interventi psicosociali potenzialmente più utili ai malati. Numerosi studi hanno peraltro definito le tecniche di stimolazione cognitiva e terapia occupazionale in grado di migliorare e mantenere le capacità delle persone con demenza. Con la musica o gli animali, con l’arte-terapia o la stimolazione multi-sensoriale si riesce anche ad aumentare il benessere psicologico e a ridurre i disturbi del comportamento.
Con ciò gli specialisti insistono sul fatto che, per una malattia che purtroppo non ha ancora terapie definitive, esistono comunque tanti tipi di cura che, in mani esperte, possono migliorare notevolmente la qualità della vita dei pazienti e dei loro familiari. Cure che trovano applicazione ideale in un Centro Diurno con caratteristiche adeguate. Le Linee Guida indicano pertanto con precisione le figure professionali indispensabili ai Centri Diurni: infermieri e fisioterapisti, ma anche psicologi, terapisti occupazionali, educatori, operatori addestrati a lavorare con interventi personalizzati, centrati sulla persona, cuciti sulla storia precedente e i disturbi attuali dei pazienti.
Non basta: questi interventi, sottolinea il documento, richiedo spazi fisici pensati, fin dalla progettazione, per persone con demenza. Meglio ancora: il progettista dovrebbe cercare di vedere gli spazi con gli occhi del malato. Ecco perciò definiti con pignoleria anche i requisiti architettonici: non solo i Centri Diurni devono garantire sicurezza, ma devono anche essere comprensibili, familiari, stimolanti, gradevoli. sia all’interno che all’esterno della struttura, con la necessaria presenza di giardini appositamente disegnati. Aumentare il benessere quotidiano dei pazienti è del resto il primo requisito per curarne l’agitazione, oltre che per garantirne la dignità.
Ai familiari è dedicata un’intera sezione del documento. Persone costrette a far fronte in contemporanea alla lenta perdita di una persona cara e alle difficoltà materiali dell’assistenza. E che nel Centro Diurno devono trovare ascolto, valutazione delle loro esigenze, formazione sulla malattia e, quando necessario, un percorso di psicoterapia strutturato. Finiti i mesi di assistenza nel Centro, superata la crisi, possono così avere risorse e capacità per riaccogliere in casa il malato. Lo prevede un ‘contratto’ proposto in coda al documento, anche per ‘lasciare il posto’ a un altro paziente, in modo che il servizio resti economicamente sostenibile e possa rispondere davvero alle esigenze più gravi della comunità.